Allenamento

Sport e salute

In quale misura la pratica di un’attività sportiva si concilia con la conservazione della salute fisica è stato a lungo oggetto di discussioni. Sostenitori della sedentarietà assoluta citavano volentieri il famoso statista inglese Winston Churchill, quando si trattava di giustificare la loro inattività, visto che Churchill raggiunse un’età avanzata malgrado non avesse mai praticato sport e fumasse.

Attività fisica moderata

Oggi è risaputo che un’attività fisica moderata è non solo salutare, ma aiuta anche a prevenire diverse patologie, come ad esempio le malattie delle vie aeree superiori. Benché non sia stato ancora dimostrato alcun beneficio sulla longevità, sembra comunque che un’attività regolare permetta di preservare una miglior qualità di vita fino ad età avanzata rispetto a chi non ha mai praticato niente in vita sua.

Rischio di lesioni

Ovviamente, il rischio di incidente o di lesioni cresce con la pratica di un’attività sportiva. Ma anche una totale inattività presenta dei rischi per la salute. Gli incidenti sportivi causano costi miliardari, mentre i sedentari sono affetti da varie patologie legate direttamente o indirettamente alla loro inattività (obesità, problemi cardiovascolari, diabete, artrosi, osteoporosi ecc). Le malattie legate all’inattività generano in realtà costi più alti di quelli riconducibili agli incidenti sportivi. Secondo una statistica condotta in Svizzera (UFSP 2001) le patologie dovute all’inattività comportano oneri finanziari aggiuntivi dell’ordine del 20%.

Sistema circolatorio e muscoli in forma

Oltre ai benefici economici giocano un ruolo preponderante anche le ripercussioni a livello fisico e psichico legate a un’attività sportiva regolare. Con un’attività aerobica, che stimola maggiormente il sistema cardiovascolare, si possono migliorare le funzioni cardiocircolatorie.

Con il tempo la frequenza cardiaca a riposo si abbassa leggermente, la pressione sanguigna scende, la capacità di assorbimento dell’ossigeno nei polmoni aumenta e di conseguenza anche l’approvvigionamento in ossigeno degli organi interni. L’attività regolare migliora la capacità di resistenza e il rendimento muscolare. Essa accresce il benessere generale e persino l’autostima. Si dice pure che l’attività sportiva regolare abbia un qualche effetto antidepressivo.

Grazie alla sollecitazione regolare dell’apparato muscolo-scheletrico, muscoli, ligamenti e tendini diventano più resistenti, riducendo così il rischio di lesioni. Per poter ottenere risultati concreti, sarebbe opportuno fissarsi un obiettivo approssimativo ed elaborare un programma di allenamento adatto prima di (re)iniziare un’attività sportiva.


Energia e ossigeno nei muscoli

Il corpo umano è fondamentalmente orientato al rendimento. In fisica, la potenza (watt) è definita come la quantità di lavoro (joule) compiuta nell’unità di tempo (secondi) (W = j/s). Tuttavia, il lavoro è definito in fisica come forza (newton) x distanza (metro) e specificato con l’unità di misura joule.

Un allenamento mirato consente di migliorare le prestazioni degli organi allenati (muscoli). Essenzialmente si possono allenare forza o resistenza.

Energia sotto forma di ATP

Per fornire una prestazione i muscoli hanno bisogno di energia, che risulta dall’assunzione di cibo e dalla sua trasformazione biologica nel corpo. Ai muscoli servono i carboidrati (glucosio), che vengono depositati nel corpo come riserva sotto forma particolare (glicogeno). Per poter trasformare in lavoro l’energia immagazzinata nei muscoli e nel fegato occorre l’ossigeno.

L’ossigeno presente nelle cellule viene “bruciato” e si formano dei legami fosfati ad alta energia (ATP, fosfocreatina), che vengono immediatamente utilizzati per la contrazione muscolare, ossia per eseguire un lavoro. Il nostro corpo funziona dunque come un motore meccanico, sfruttando gli substrati energetici e l’ossigeno per produrre lavoro.

Produzione di energia aerobica e anaerobica

Il lavoro può essere svolto solo in maniera breve senza diretto consumo di ossigeno, sfruttando prima di tutto i legami ad alta energia appena menzionati (ATP, fosfocreatina) oppure scomponendo le riserve di glicogeno per produrre questi legami fosfati ad alta energia (ATP) senza consumo di ossigeno (produzione di energia per via anaerobica). Il meccanismo anaerobico è altamente inefficiente in quanto da una grande quantità di glucosio deriva poca ATP. Dopotutto ci vuole di nuovo ossigeno per ripristinare l’energia anaerobica appena consumata sotto forma di legami fosfati ad alta energia (ATP). In caso di sforzo prolungato l’unica possibilità che ha il nostro corpo per fornire una prestazione è comunque quella di trasformare l’energia consumando ossigeno (meccanismo aerobico).

L’ossigeno presente nell’aria inspirata viene trasportato dai polmoni nel sangue, che lo distribuisce agli organi interni. L’ossigeno è tossico e perciò viene sempre trasportato nel corpo in forma legata. Nel sangue l’ossigeno viene trasportato legato all’emoglobina contenuta nei globuli rossi. Una volta portato dal sangue in ogni singola cellula degli organi, l’ossigeno viene convertito per produrre energia sotto forma di ATP.

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Contrazione muscolare

Sebbene ogni giorno ci dedichiamo in modo del tutto naturale alle nostre attività quotidiane, non dovremmo pertanto dimenticare che ogni movimento che facciamo è il risultato di innumerevoli contrazioni muscolari in atto nel nostro corpo. Contraendo i muscoli, fissati per mezzo dei tendini a determinati punti di ancoraggio delle ossa, si può mettere in movimento l’insieme dello scheletro.

Miofibrille

Ogni muscolo del nostro corpo è composto di cellule nelle quali si trovano degli elementi contrattili, le fibre muscolari. Costituite dalle cosiddette miofibrille (actina e miosina), le fibre muscolari sono in grado di accorciarsi per via dello scorrimento di actina sulla miosina.

Mediante l’accorciamento delle miofibrille, reso possibile dal consumo di energia sotto forma di legami ad alta energia (ATP), la contrazione muscolare permette di eseguire un determinato movimento.

Actina e miosina: elementi contrattili

Gli elementi contrattili (miofibrille) sono costituiti da filamenti di actina e di miosina e sono disposti in serie (uno dopo l’altro) o in modo parallelo (uno accanto all’altro) nelle cellule muscolari. I singoli filamenti di actina e di miosina sono raggruppati in unità denominate sarcomeri.

L’alternanza dei sarcomeri all’interno del muscolo determina la tipica striatura della muscolatura volontaria, che si differenzia dalla muscolatura liscia, la quale non possiede questa striatura e non viene controllata volontariamente. Ogni muscolo volontario del nostro corpo viene attivato da impulsi nervosi coordinati dal sistema nervoso centrale (SNC).

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Principi d’allenamento

Allenamento di forza

Ci sono fondamentalmente due modi per allenare i muscoli: forza e resistenza. Sono due estremi e la maggior parte degli sport combinano questi due principi di allenamento. Nell’allenamento di forza l’obiettivo è quello di sviluppare la massima forza di uno o, preferibilmente, più muscoli. Per ottenere ciò bisogna rafforzare in modo mirato il gruppo muscolare contemplato. Di solito questi esercizi di forza vengono eseguiti con movimenti lenti o rapidi e con carichi submassimali, ossia tra il 60 e il 70% del carico massimale che è possibile spingere o sollevare. Con un allenamento mirato si rafforza soltanto il gruppo muscolare esercitato. L’allenamento di forza consiste idealmente nell’eseguire 2-3 serie da 8-12 ripetizioni del movimento, intercalate da pause.

Allenamento di resistenza

Nell’allenamento di resistenza non si vuole ottenere in primo luogo un incremento della forza assoluta dei muscoli, bensì migliorare le prestazioni di resistenza del gruppo muscolare coinvolto. Poiché i muscoli raggiungono prestazioni di resistenza soltanto con un apporto sufficiente di ossigeno, bisogna anche ed essenzialmente in questo tipo di allenamento aumentare la disponibilità di ossigeno nel muscolo. Affinché ciò succeda bisogna dunque migliorare anche l’assunzione di ossigeno nei polmoni e il suo trasporto nel sistema cardiovascolare. Con l’allenamento di resistenza si fortifica allo stesso tempo il cuore, il sistema cardiovascolare e i polmoni. Nell’allenamento di resistenza si compie la cosiddetta prestazione aerobica, nella quale il nostro corpo produce energia sfruttando essenzialmente l’apporto di ossigeno.

Trasporto dell’ossigeno: fattori limitanti

Dato che l’apporto di ossigeno dipende principalmente dalla sua assunzione nei polmoni e dal suo trasporto nel sangue, lo sforzo aerobico sollecita prima di tutto il cuore e i polmoni, allenandoli. Anche il cuore è un muscolo e può migliorare le sue prestazioni con un allenamento adeguato.

I polmoni invece non possono espandere il loro volume essendo imprigionati nella gabbia toracica. Un altro muscolo che è possibile allenare tramite esercizi di respirazione è il diaframma. Grazie al lavoro aerobico il diaframma viene allenato in modo tale da rendere più efficiente la respirazione, poiché con una frequenza respiratoria maggiore esso si affatica meno velocemente.

Gli sport aerobici come corsa, nuoto e ciclismo sono i modi migliori per migliorare le prestazioni di resistenza. Per raggiungere un miglioramento duraturo della prestazione aerobica, rispettivamente di resistenza, l’allenamento aerobico dovrebbe durare da 30-60 minuti per 3-5 volte alla settimana in modo tale da sudare. Forza o resistenza: il principio del carico muscolare sta alla base di ogni miglioramento delle prestazioni.

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Forza e resistenza

Chiunque si alleni, sia per passione sia per motivi di salute, si chiederà prima o poi a che livello si situa la sua prestazione sportiva personale. In primis perché desidera migliorarla e poi forse per potersi stupire del proprio consumo calorico.

Aumento delle prestazioni

Ovviamente un miglioramento delle prestazioni passa inevitabilmente da una misurazione obiettiva delle performance. Nella fisiologia dello sport è prassi misurare la forza assoluta quando si tratta di stabilire la pura forza muscolare, mentre nel caso della prestazione di resistenza è fondamentalmente necessario valutare i fattori metabolici.

Un elemento essenziale della prestazione di resistenza è la misurazione della performance in condizioni aerobiche, alla quale pone un limite l’inizio della produzione di lattato (acido lattico) nel muscolo. Il lattato viene prodotto nel muscolo quando durante uno sforzo prolungato l’energia non viene più generata soltanto a livello aerobico, cioè in presenza di ossigeno, ma anche anaerobicamente senza consumo di ossigeno.

La produzione anaerobica (senza ossigeno) di legami fosfati ad alta energia (ATP) porta alla formazione di lattato, il quale si accumula nelle cellule muscolari. Essendo un acido debole il lattato provoca un’acidificazione dell’ambiente interno della cellula muscolare. Questa acidificazione è uno dei fattori che conduce all’affaticamento del muscolo.

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Allenamento di resistenza e soglia del lattato

Con l’aumento del lattato nella cellula muscolare cresce anche, con un certo ritardo, il valore del lattato nel sangue, usato come parametro di misura. Infatti l’accumulo di lattato nel sangue indica l’intensità oltre la quale il nostro corpo passa dal metabolismo aerobico a quello anaerobico.

La produzione di energia tramite meccanismo anaerobico lattacido non può durare a lungo, poiché non è efficiente e perché l’acidificazione dell’ambiente cellulare innesca un rallentamento improvviso della produzione di energia.

Questa soglia del lattato o soglia aerobica-anaerobica viene usata da più di 40 anni nella medicina dello sport come parametro per valutare la condizione fisica e i progressi nell’allenamento degli atleti di élite.

Più si è allenati e più tempo ci vuole, in caso di sforzo crescente, per raggiungere la soglia aerobica-anaerobica. Un miglioramento della soglia del lattato si ottiene soltanto con un allenamento di tipo aerobico.

A questo scopo è indispensabile fornire una prestazione sufficiente durante le sessioni di allenamento per riuscire a superare la soglia del lattato per un determinato periodo di tempo. Il sovrasforzo così richiesto induce nel corpo l’auspicato adattamento dell’insieme degli organi coinvolti: mediante l’autosintesi degli organelli cellulari (mitocondri) i muscoli raggiungono una maggior capacità di sfruttare l’ossigeno e di produrre ATP (supercompensazione).

Cuore e diaframma più efficienti

Il diaframma e il cuore, che sono muscoli, migliorano le loro prestazioni mediante processi simili, in modo che il consumo di ossigeno nei polmoni e il suo trasporto nel sangue risultano più elevati. Se la capacità del sistema cardiovascolare di trasportare l’ossigeno migliora, anche l’offerta di ossigeno ai muscoli cresce, perciò una determinata prestazione viene fornita più a lungo in regime aerobico, energeticamente più favorevole. E’ questo il risultato dell’allenamento aerobico.

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Valori del lattato e frequenza cardiaca

Non tutti sono disposti a monitorare l‘allenamento utilizzando i valori del lattato, dato che bisogna sottoporsi a prelievi del sangue, analisi di laboratorio e controllo medico. Metodi più semplici e meno invasivi si sono affermati negli ultimi 25 anni soprattutto negli sportivi amatoriali.

Allenamento basato sulla frequenza cardiaca

In questo caso i metodi di monitoraggio dell’allenamento non si basano più sulla misurazione invasiva dei valori del lattato, ma sui valori della frequenza cardiaca. Non appena i valori del lattato aumentano rapidamente ad alta intensità di sforzo, aumenta parallelamente anche la frequenza cardiaca, che può perciò essere presa come indicatore indiretto della capacità di prestazione invece dei valori del lattato.

Nonostante l’aumento della frequenza cardiaca non correli perfettamente con quello del lattato nel sangue, questo metodo è un buon indicatore per i controlli momentanei dell’allenamento. Il metodo della frequenza cardiaca non è invasivo, ma necessita comunque di un monitoraggio medico. Durante una procedura di prova, nella quale si richiede gradualmente sempre più potenza, viene determinata la frequenza cardiaca massima. In alternativa si può calcolarla sulla base di un test da sforzo submassimale.

Frequenza cardiaca massima

La frequenza cardiaca massima dipende dall’età. Dall’esperienza è nata una semplice formula (frequenza cardiaca massima = 220 – età) che permette di determinare la frequenza massima correlata all’età. Partendo dalla frequenza cardiaca massima (teorica) così ottenuta si possono definire diversi livelli di carico per l’allenamento pratico. Se si desidera migliorare le proprie prestazioni, bisognerebbe di tanto in tanto raggiungere un’intensità di allenamento tale che la frequenza cardiaca superi il 70% della frequenza massimale.

A partire dal 70% circa della frequenza cardiaca massima si può ritenere che una parte dell’energia necessaria viene prodotta in assenza di ossigeno e che la produzione di lattato ha inizio. Questo è il limite a partire dal quale generalmente si ottiene un miglioramento delle capacità di prestazioni, o meglio dal quale si istaura un effetto benefico dell’allenamento.

Per migliorare le loro prestazioni durante l’allenamento gli atleti d’élite raggiungono talvolta delle frequenze cardiache superiori alla frequenza massima calcolata (fino al 105%). Si tratta però sempre di sportivi giovani, sani e controllati. Gli sportivi amatoriali dovrebbero astenersi al riguardo e sottoporsi a una visita medica prima di ricominciare dopo un lungo periodo d’inattività.

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Sovrallenamento

Per uno sportivo dilettante – e in una certa misura anche per un professionista – gli obiettivi di allenamento troppo ambiziosi possono portare di tanto in tanto a situazioni nelle quali le capacità prestazionali non solo non aumentano più, ma addirittura peggiorano, malgrado un allenamento intensivo. Questo stato di sovrallenamento deve essere riconosciuto il più presto possibile.

La sindrome da sovrallenamento

La sindrome da sovrallenamento, come viene anche chiamata, può avere ripercussioni a livello fisico sotto forma di decadimento delle capacità di prestazioni, stanchezza cronica e aumentato rischio di malattie e causare anche sintomi psicologici come svogliatezza e mancanza di motivazione o addirittura stati depressivi. Il proseguimento delle sessioni di allenamento intensive in presenza di tali sintomi può esporre l’atleta non di rado anche a un maggior rischio di incidenti e di lesioni.

Riposo e alimentazione sana come terapia

In presenza di tali sintomi bisogna adottare le contromisure opportune, ossia concedersi una pausa abbastanza lunga oppure ridurre sensibilmente intensità e durata delle sessioni di allenamento. L’introduzione di attività sportive alternative nel programma di allenamento come pure il controllo della dieta sono altri fattori da prendere in considerazione. In particolare bisogna valutare eventuali stati di alimentazione non equilibrata oppure carenze di vitamine, minerali e oligoelementi nella nutrizione. Difatti in caso di sforzo intenso il consumo di questi elementi aumenta in modo impercettibile. Il ferro e tutte le vitamine del gruppo B, ma anche l’acido folico e alcuni oligoelementi come lo zinco o il selenio sono molto importanti e la loro carenza può causare un’anemia, con conseguente ridotta capacità di trasporto dell’ossigeno nel sangue.

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