Terapia

Medicinali per le malattie della tiroide

I disturbi della tiroide causano solitamente iperattività (ipertiroidismo) o ipoattività (ipotiroidismo) della tiroide. In caso di iperattività tiroidea è necessario inibire la sovrapproduzione degli ormoni tiroxina (T4) e triiodotironina (T3), mentre in caso di ipoattività tiroidea è necessario supplire la carenza di ormoni T4 e T3.

In caso di ipertiroidismo difficilmente controllabile o di tumore maligno, è necessario ricorrere a un intervento di tiroidectomia. Pertanto, molti pazienti che hanno una sovrapproduzione di ormoni tiroidei finiscono, prima o poi, per dover sostituire gli ormoni tiroidei con la somministrazione orale di farmaci.

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Farmaci per la cura dell‘ipotiroidismo

L’ipotiroidismo può manifestarsi per cause diverse, ma spesso è provocato da una carenza di iodio. Altre patologie caratterizzate da ipertiroidite possono generare, dopo la cura dell’ipertiroidismo, un’ipofunzione tiroidea permanente. In caso di produzione insufficiente o del tutto assente di ormoni tiroidei, è necessaria l’assunzione di farmaci sostitutivi.

I farmaci disponibili sotto forma di compresse, capsule molli o gocce contengono la levotiroxina. La composizione chimica della levotiroxina corrisponde esattamente all’ormone tiroxina (T4) sintetizzato dal corpo.

Oltre alla levotiroxina sono disponibili anche i preparati a base di triiodotironina (T3), miscelati in un rapporto T4/T3 di 5 a 1. L’impiego di questa miscela a dosaggio fisso è indicato per leggeri stati ipotiroidei e, a causa del suo dosaggio fisso di 100 microgrammi di T4, non è indicato per tutti i pazienti, poiché spesso è richiesto un aggiustamento posologico della levotiroxina.

Poiché nelle cellule del corpo la tiroxina (T4) viene convertita in triiodotironina (T3), c’è da chiedersi come mai prescrivere la somministrazione supplementare di tiroxina (T4), quando in pratica ogni cellula del nostro corpo è in grado di trasformare l’ormone T4 in ormone T3 tramite la desiodasi.

L’attività degli enzimi desiodasi nelle cellule è influenzata dalla presenza del selenio. Di solito l’alimentazione garantisce un’assunzione di selenio sufficiente, se tuttavia se ne sospettasse la carenza, sarebbe utile compensare con un integratore specifico di selenio.

Ipotiroidismo

Levotiroxina

Levotiroxina: un potente principio attivo
Una sfida cruciale nella produzione di preparati a base di levotiroxina è legata al dosaggio del principio attivo, che dev’essere somministrato al paziente in dosaggi estremamente bassi nel range terapeutico di un millesimo di milligrammo (microgrammo). Un microgrammo equivale quindi a un milionesimo di grammo. La somministrazione quotidiana di quantità minime, difficilmente immaginabili per i nostri ordini di grandezza, è destinata ai pazienti con ipofunzione tiroidea.

La levotiroxina, inoltre, è relativamente sensibile al calore e all’umidità e dev’essere conservata adeguatamente protetta. La durata di conservazione del farmaco è relativamente breve rispetto a quella di altri farmaci.

Assorbimento intestinale della levotiroxina
La levotiroxina è un farmaco speciale anche per quanto riguarda l’assorbimento intestinale. Per essere assorbita in dosi sufficienti, la levotiroxina dev’essere assunta a stomaco vuoto. È perciò necessario ingerire con un po’ d’acqua la levotiroxina almeno mezz’ora prima della colazione. Ciò garantisce che solo il principio attivo e l’acqua vengono a trovarsi nel tratto gastrointestinale, permettendo così che il 100% della sostanza attiva entri nel sangue attraverso l’intestino.

Interferenza degli alimenti sull’assorbimento della levotiroxina
L’assorbimento della levotiroxina può essere gravemente compromesso nel caso in cui il principio attivo viene a contatto con alimenti nel tratto intestinale. Questo causa livelli più bassi di levotiroxina nel sangue e sintomi di ipotiroidismo. La levotiroxina può anche legarsi a diversi alimenti specifici, in modo che l’assorbimento intestinale venga direttamente inibito. Arance, succo di pompelmo, caffè e cereali legano il principio attivo in modo particolarmente forte e ne impediscono l’assorbimento intestinale.

Intestino

Farmaci e malattie che ostacolano l’assorbimento della levotiroxina
Molti farmaci e sostanze sono noti per interferire con l’assorbimento intestinale della levotiroxina. I preparati a base di ferro, calcio e magnesio, che si trovano nelle compresse multivitaminiche, si legano alla levotiroxina, impedendone l’assorbimento intestinale. Per lo stesso motivo, i farmaci contenenti alluminio, somministrati per la cura dell’iperacidità gastrica, non devono essere assunti in concomitanza con la levotiroxina.

Anche le malattie del tratto gastrointestinale, che agiscono sul pH dello stomaco, o le sostanze in grado di interferire con i processi digestivi, ad es. il lattosio, possono influire sull’assorbimento intestinale della levotiroxina. Nei soggetti sensibili, il lattosio può provocare disturbi intestinali quali gonfiore, crampi e diarrea, riducendo l’assorbimento della levotiroxina. In caso di intolleranza al lattosio conosciuta, è dunque consigliabile la prescrizione di farmaci senza lattosio.

Altri stati patologici possono ridurre l’efficacia della levotiroxina. I pazienti affetti da malattie cardiache, ipertensione, problemi surrenali o cancro della tiroide devono prestare molta attenzione in caso di terapia a base di levotiroxina; l’effetto dei farmaci somministrati per la cura di queste patologie, infatti, può essere mitigato o amplificato dall’assunzione contemporanea di levotiroxina.

Dopo l’assunzione di levotiroxina, i pazienti diabetici, che fanno uso di insulina o antidiabetici orali, devono assicurarsi che l’effetto ipoglicemizzante non venga ridotto. Molti altri farmaci somministrati per via orale possono mitigare o amplificare la propria efficacia con l’assunzione contemporanea di levotiroxina, ad esempio certi farmaci antidepressivi (litio, antidepressivi triciclici), farmaci antiepilettici (fenitoina), anticoagulanti, catecolamine (adrenalina), contraccettivi orali, farmaci anticolesterolo (colestiramina, colestipolo, clofibrato), diuretici (furosemide), salicilati, e agenti cardiaci (amiodarone, propranololo).

A causa degli innumerevoli fattori che condizionano l’assorbimento della levotiroxina nell’intestino e le numerose interazioni esistenti con gli altri medicinali, sorprende il fatto che i pazienti, che seguono una terapia a vita a base di levotiroxina, non segnalino un maggior numero di disturbi, anche se questi si verificano ancora. Infatti, secondo studi americani, circa il 15 % – 20 % dei pazienti può essere sotto o sovradosaggio.

Se questo dato sia valido anche per la Svizzera non è noto, visto che non sono stati effettuati studi a tale proposito. Tuttavia si possono presumere valori nello stesso ordine di grandezza degli Stati Uniti anche in Svizzera. I pazienti, perciò, che constatano dei sintomi ricorrenti [link sintomi, capitolo tiroide], che indicano un’ipo o iperattività tiroidea, devono monitorarli attentamente e, se necessario, consultare il proprio medico di famiglia.

Minerali

Farmaci per la cura dell‘ipertiroidismo

Nel caso di una sovrapproduzione di ormoni tiroidei, come ad es. nel morbo di Basedow o con l’adenoma autonomo (morbo di Plummer), vengono in primo luogo somministrati farmaci che inibiscono la sintesi tiroidea di T4 e T3, o che distruggono le cellule tiroidee. Il primo gruppo di medicamenti comprende i derivati dell’imidazolo e la tiourea, che bloccano la formazione intracellulare di T4 e T3 (inibizione della tiroide perossidasi). Il secondo gruppo comprende preparati contenenti iodio radioattivo che viene assorbito dalle cellule tiroidee, causandone la morte.

Carbimazolo (tiamazolo, metimazolo) propiltiouracile
Questi farmaci, assunti per via orale sotto forma di compresse, raggiungono la tiroide attraverso il circolo sanguigno: nei tireociti (cellule della tiroide) inibiscono l’accumulo di iodio da parte della tireoperossidasi e, dunque nel contempo, la sintesi di ormoni T4 e T3.

Il carbimazolo è un precursore del tiamazolo (profarmaco), il metabolita attivo noto anche con il nome di metimazolo. Spesso si somministra il carbimazolo e il propiltiouracile come prima terapia contro l’ipertiroidismo, prima della terapia a base di iodio radioattivo, oppure laddove tale terapia sia controindicata, come ad es. in caso di gravidanza imminente.

Il carbimazolo o il propiltiouracile devono essere assunti giornalmente per un lungo periodo di tempo. A intervalli regolari, il medico è tenuto a misurare i livelli ematici di tiroxina (T4) e di triiodotironina (T3) per controllare l’efficacia terapeutica. Di solito dopo la terapia a base di carbimazolo, che viene assunto temporaneamente per ridurre l’attività tiroidea, segue la terapia a base di radioiodio o l’ablazione chirurgica della tiroide.

Ipertiroidismo

Terapia con il radioiodio

Un altro farmaco impiegato per inibire l’iperattività tiroidea è lo iodio radiomarcato. Lo iodio marcato radioattivo non è tossico per il resto dell’organismo e può essere assunto per via orale o iniettato direttamente nel sangue. In caso d’iperattività i tireociti assorbono una grande quantità di iodio e lo iodio radioattivo resta nel tessuto tiroideo. A causa delle radiazioni radioattive, il genoma della cellula tiroidea viene danneggiato, causandone la morte.

La radiazione di iodio radioattivo è molto circoscritta e non danneggia le altre cellule limitrofe. La radiazione emanata dallo iodio radioattivo penetra nel tessuto solo per pochi decimi di millimetro e viene degradata dopo circa due settimane. In generale, la terapia con lo iodio radioattivo è ben tollerata.

In caso di iperattività della ghiandola tiroidea, la distruzione delle cellule durante la terapia con lo iodio radioattivo può comportare l’ingresso transiente di grandi quantità di tiroxina (T4) e di triiodotironina (T3) nel sangue, ciò che induce temporaneamente un peggioramento dell’ipertiroidismo con conseguente infiammazione del tessuto tiroideo e delle mucose degli occhi.

Per controllare lo stato infiammatorio derivante dall’ipertiroidismo, sarà necessaria la somministrazione per via orale di preparati cortisonici o di antinfiammatori non steroidei.

Spesso, per prevenire il rilascio eccessivo di ormoni T4 e T3 durante la terapia con lo iodio radioattivo, vengono somministrati, per alcune settimane prima dell’inizio della terapia, dei farmaci a base di carbimazolo o di tiouracile, al fine di ridurre l’attività tiroidea e le riserve di ormoni T4 e T3. Questo impedisce il rilascio eccessivo di ormoni T4 e T3 nel circolo sanguigno durante la distruzione cellulare indotta dalla terapia a base di iodio radioattivo.

Al fine di rendere più efficace la terapia con il radioiodio, l’apporto di iodio attraverso la dieta e i farmaci dev’essere ridotto al minimo (amiodarone, disinfettanti a base di iodio). Gli alimenti ricchi di iodio, quali pesce, frutti di mare e sale da cucina iodato non dovrebbero perciò essere assunti nel periodo precedente la terapia con il radioiodio. Questo aumenta il fabbisogno in iodio (anche di quello radioattivo) e stimola il suo assorbimento da parte delle cellule tiroidee.

Spesso, la terapia con il radioiodio è un trattamento transitorio per facilitare l’ablazione chirurgica della ghiandola, rallentandone l’attività e riducendone la dimensione. Soprattutto in caso di tumori maligni o in caso si manifesti di nuovo un’iperattività tiroidea dopo la terapia con il radioiodio, è consigliabile intervenire chirurgicamente. Lo iodio radioattivo viene inoltre utilizzato a scopo diagnostico per valutare l’attività di sintesi della ghiandola, insieme ai livelli ematici di T4, T3 e di TSH.

Radioiodio

Incidenti nucleari con emissione di materiale radioattivo

In caso di incidenti radioattivi, come a Chernobyl nel 1985 o più recentemente a Fukushima nel 2011, dagli impianti nucleari fuoriescono grandi quantità di materiale radioattivo, che si diffonde nella polvere e nell’aria. Il rischio di radiazioni è noto a tutti e può portare a morte prematura a causa del cancro.

Tra i molti elementi radioattivi che fuoriescono dai reattori nucleari c’è anche lo iodio radioattivo, che viene assorbito dal corpo e si accumula nella ghiandola tiroidea, dove distrugge le cellule a causa delle radiazioni che emana. Questo genera un’ipofunzione tiroidea.

A scopo di prevenzione, la popolazione residente nei pressi delle centrali nucleari, riceve delle compresse di ioduro di potassio. Tali compresse possono essere assunte solo in caso di emergenza e solo su indicazione delle autorità (allarme atomico).

Compresse di ioduro per prevenire l’emergenza radioattiva
Le compresse di ioduro di potassio sono un farmaco. Ogni compressa contiene 50 mg di iodio sotto forma di ioduro di potassio. L’assunzione di iodio ad un dosaggio molto elevato compete con lo iodio radioattivo e viene assorbito maggiormente dalla tiroide a seguito dell’alta concentrazione. La sovrabbondanza di iodio non radioattivo porta alla rimozione dello iodio radioattivo dai siti di legame che occupa nelle cellule, prevenendo così ulteriori danni alla ghiandola tiroidea.

Molto diverse dalle compresse di ioduro di potassio della Confederazione sono i farmaci o gli integratori alimentari contenenti numerose vitamine e oligoelementi, tra cui anche lo iodio, ma in quantità molto ridotte. Rispetto alle compresse di ioduro di potassio fornite alla popolazione in caso di allarme nucleare, le quantità di iodio contenute in questi prodotti sono da 100 a 200 volte inferiori e servono ad assicurare l’apporto giornaliero di iodio.

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